Salve a tutti, vorrei porvi una questione sulla quale mi trovo spesso a ragionare: la libertà dell’uomo. In particolare vorrei riflettere su due diversi punti, o meglio estratti, del libro “Autobiografia di uno Yogi” che espongono, a mio modesto parere, due modi diversi di interpretare la nostra esistenza. Il primo estratto si trova al capitolo XXI pag. 190, e dice: “Assaggiai una fragola, ma in tutta fretta la sputai. “Signore, che frutto aspro! Le fragole non potranno mai piacermi!”. Il mio Guru rise. “Oh si che ti piaceranno! Ma in America, quando la tua ospite te le offrirà condite con zucchero e panna. Dopo averle schiacciate con la forchetta, te le farà assaggiare e tu esclamerai: -Che fragole deliziose- E allora rammenterai questo giorno a Simla!”. La predizione di Sri Yukteswar svanì dalla mia mente; ma si riaffacciò molti anni dopo al mio primo arrivo in America. Ero a pranzo dalla signora T. Hasey a West Somerville nel Massachusetts. Quando furono portate in tavola le fragole, la signora prese la forchetta e schiacciò le mie aggiungendovi zucchero e panna. “Le fragole sono piuttosto aspre. Credo che vi piaceranno preparate così”, mi disse. Ne assaggiai. “Che fragole deliziose!” esclamai. E ad un tratto la predizione di Sri Yukteswar sorse di nuovo dai meandri della memoria. Fui impressionato nel rendermi conto che tanto tempo prima la mente di Sri Yukteswar, intonata a Dio, aveva sensibilmente captato il programma degli eventi karmici che vagavano nell’etere del futuro”. Secondo questo esempio la vita dell’uomo sarebbe predeterminata in ogni più piccolo dettaglio. Il secondo estratto si trova a pag. 163, in esso Sri Yukteswar dice: “Quando più è profonda l’autorealizzazione di un uomo, tanto più egli influisce su tutto l’universo mediante le sue sottili vibrazioni spirituali, e tanto meno subisce egli stesso l’influenza del flusso fenomenico”. Questo secondo estratto fa riferimento alla parte del libro in cui Yogananda afferma che la sua incrollabile fede, e la sua brama di dedicare l’intera vita a Dio, gli avrebbero permesso di sfuggire al suo karma, come egli stesso afferma: “I semi del passato karma non possono germogliare se vengono bruciati nel fuoco divino della saggezza”. Questo secondo estratto implica, a parer mio, una maggiore libertà dell’uomo nei confronti del proprio futuro, ponendosi così in antitesi col primo. Come dovremmo considerarci quindi? Come delle pedine mosse da terzi sulla scacchiera del mondo, oggetto della propria vita e non soggetto? (come diceva Schopenhauer) Oppure come entità che conservano la libertà d’azione, seppur all’interno di generici schemi che sembrano porsi in essere già al momento della nostra nascita? Grazie per l’attenzione.
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