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![]() Gli insegnamenti di Bruce Lee |
BRUCE LEE FONDATORE DEL JEET KUNE DO Questo scritto è dedicato ai
liberi e creativi
In un’anima assolutamente priva di pensieri e di emozioni nemmeno la tigre trova posto per i feroci artigli. Fra i pini sui monti e fra le querce della valle spira lo stesso alito di vento, perché emettono note diverse? Nessun pensiero, nessuna riflessione. Vuoto perfetto. Eppure dentro qualcosa si muove secondo leggi proprie. Come la luna nel fiume, l’occhio la vede, ma la mano non la afferra.
Nuvole e nebbia ristagnano a mezz’aria; ma sopra ad esse il sole e la luna risplendono eterni. La vittoria è di uno soltanto, di chi, già prima della lotta, non formula pensieri propri ma si affida alla non-mente della Grande Origine. LE ARTI MARZIALI Per cogliere l’essenza delle arti marziali occorrono intelligenza, lavoro assiduo e perfetta padronanza delle tecniche. Per dominare un’arte marziale non sono sufficienti un allenamento intensivo e l’uso della forza. È necessario “capire”, e presupposto della comprensione è lo studio dello sviluppo del movimento naturale in tutti gli esseri viventi. Ma è utile anche osservare gli altri, i modi e la rapidità con cui agiscono e i loro lati deboli. Anzi, proprio la conoscenza di questi elementi ci consente di battere i nostri avversari.
Nelle arti marziali la cosa principale è capire le tecniche. Per capire le tecniche è necessario tener presente che esse consistono di numerosi movimenti condensati. All’inizio essi possono apparire goffi, sgraziati, ma quando cominci ad apprenderli scopri che in realtà goffi non sono, perché una buona tecnica comprende rapidi cambiamenti, grande varietà e grande velocità. Può essere un sistema di alterne vicende paragonabile al concetto di Dio e del Diavolo. Nel rapito susseguirsi degli eventi quale dei due avrà la meglio? Quello che si muove con la rapidità del fulmine? Secondo i Cinesi, si. Cogli l’essenza delle arti marziali e assorbila fino a farla diventare una seconda natura. Solo così puoi capirla a fondo e puoi avere uno stile tuo, libero, personale. Raggiungi questo traguardo, saprai che non esistono limiti. Guardati dalle tecniche fisiche. Alcune arti marziali sono molto popolari perché sono belle da vedere, caratterizzate da tecniche fluenti, scorrevoli. Ma attenzione! Sono come un vino che è stato annacquato. E il vino annacquato non è vero vino, non è un vino buono, un prodotto genuino. Altre fanno meno figura, però come sai hanno un non so che, un tocco di autenticità, il sapore della genuinità. Sono come le olive. Il loro sapore può essere aspro, dolce-amaro. Ma l’aroma persiste. E impari ad apprezzarle. Mentre nessuno ha mai apprezzato un vino annacquato. Abilità acquisite e talento innato. Alcuni individui possiedono sia il fisico adatto, sia il senso della velocità, sia capacità di resistenza nel tempo. E’ una bella cosa! Ma nelle arti marziali tutto ciò che si apprende è acquisito. L’apprendimento di un’arte marziale è simile all’esperienza del buddismo. Entrambe vengono interiorizzate. Acquisti la certezza di possedere ciò di cui hai veramente bisogno. E quando ce l’ hai, sai che fa parte di te. Fin qui puoi arrivare. Non riesci a capire tutto, ma non ti arrendere. E man mano che progredirai conoscerai la vera natura della Via, nella sua semplicità. Sia che frequenti un tempio, sia che frequenti un kwoon, segui la semplice Via della natura, e vivrai una vita che non hai mai conosciuto.
LO ZEN Nelle arti marziali raggiungere l’illuminazione significa eliminare tutto ciò che oscura la “vera conoscenza”, la “vita reale”, e nello stesso tempo espandersi illimitatamente. E’ importante coltivare non una branca particolare, una parte, ma il tutto, che comprende e integra in sé quella branca particolare. Per trascendere il Karma devi saper usare l’intelletto e la volontà. L’unitarietà della vita è una verità della quale potrai renderti conto solo se prima avrai eliminato l’erronea nozione di un io separato, il cui destino sia staccato dal tutto. Il vuoto è ciò che si trova esattamente al centro fra il questo e il quello. Il vuoto include ogni cosa perché non ha un contrario. Esso non esclude nulla e non si oppone a nulla. Il vuoto è vivo perché tutte le forme provengono da esso, e chi comprende il vuoto è colmo di vita e di potenza e di amore per tutti gli esseri. La coscienza dell’io è il maggiore ostacolo alla corretta esecuzione di ogni azione fisica. Devi diventare un fantoccio di legno: esso non ha ego non pensa, non afferra e non stringe nulla. Lascia che il tronco e gli arti si muovano secondo leggi proprie. Quando nulla dentro di te rimarrà immobile le cose esterne ti si riveleranno. Quando ti muovi, sei simile all’acqua. Quando stai fermo, sei simile a uno specchio. Rispondi come risponde l’eco. Il non-essere non è definibile; una cosa tropo fluida non è modellabile. Mi muovo e non mi muovo. Sono come la luna sotto le onde, che sopra di essa oscillano e si increspano incessantemente. Non pensare “sto facendo la tal cosa”; pensa invece “la tal cosa avviene attraverso me o per me”. La coscienza dell’io è il maggiore ostacolo alla corretta esecuzione di ogni azione fisica. Localizzare il pensiero significa congelarlo. Quando cessa di fluire liberamente, come deve, esso perde la sua identità. E’ immobile l’energia che invece di disperdersi in varie attività si concentra su una sola, come la ruota sull’asse. L’importante è fare; però esiste l’azione, non chi la fa; esiste l’esperienza, non lo sperimentatore. Quando consideri una cosa senza attribuirle il colore dei tuoi desideri e delle tue preferenze le vedi nella sua semplicità originaria. L’arte raggiunge la massima altezza quando è priva di autocoscienza. L’uomo scopre la libertà nel momento in cui cessa di pensare all’effetto che esercita o che eserciterà sugli altri. La via perfetta è irta di difficoltà per coloro che distinguono e scelgono. Non amare e non odiare, e tutto ti sarà chiaro. Stabilisci una differenza, anche di modeste proporzioni , e Cielo e Terra si separeranno. Se vuoi la verità chiara davanti a te, non amare e non odiare. La peggiore malattia dello spirito è la lotta fra il “pro” e il “contro”. Non separare il bene dal male: impara a rimanere al di sopra di essi, come il sughero che si adegua al sollevarsi e all’abbassarsi delle onde. Lasciati andare, vivi in compagnia della tua malattia. Te ne libererai più facilmente. Un’affermazione è Zen solo quando è contemporaneamente azione, non quando fa riferimento a qualcosa che lo Zen afferma. Il buddismo rifiuta il ricorso allo sforzo. Sii normale, non cercare di essere speciale. Mangia, vuota l’intestino, urina e quando sei stanco coricati. L’ignorante riderà di me, il saggio capirà. Non prefiggerti nulla. Passa in fretta come il non-esistente, e sii calmo come la purezza. Quelli che vincono perdono. Non precedere gli altri, seguili sempre. Non correre, cammina. Non cercare; quello che cerchi arriverà mentre meno te lo aspetti. Smetti di pensare senza smettere. Applica le tecniche senza applicarle. Non esistono indicazioni valide in tutti i casi. Tutt’al più posso segnalarti il rimedio adatto per una particolare affezione. La via a otto piste del buddismo Le otto condizioni che consentono di eliminare la sofferenza attraverso la rettifica dei falsi valori e la comprensione del vero significato della vita sono state sintetizzate come segue:
ARTE DELL’ANIMA Lo scopo dell’arte è quello di proiettare nel mondo una visione interiore, di fermare nella creazione estetica le più profonde esperienze personali di un essere umano, di renderle intelligibili e note a tutti nell’intero ambito di un mondo ideale. L’arte rivela se stessa nella comprensione dell’essenza delle cose e dà forma al rapporto fra l’uomo e il nulla, fra l’uomo e la natura dell’assoluto. L’arte è espressione della vita e trascende il tempo e lo spazio. Per dare una nuova forma e un nuovo significato alla natura o al mondo ci serviamo dell’anima attraverso l’arte. L’espressione di un artista è la sua anima resa visibile, la sua capacità ma anche la sua “freddezza”evidenziate. Da ogni suo movimento traspare la musica della sua anima. Quando così non è, il suo movimento è vuoto è come una parola vuota - non ha significato. Sbarazzati delle idee “non chiare” e agisci attingendo alle tue radici. L’arte non è mai decorazione, abbellimento, ma opera di illuminazione. L’arte, in altri termini, è una tecnica per riconquistare la libertà. L’arte esige la perfetta padronanza della tecnica, raggiunta mediante l’interiorizzazione. Arte senza arte è “arte dell’anima”. “Arte senza arte” è l’interiorizzazione del processo artistico; significa “arte dell’anima”. Tutti i vari movimenti di tutti gli strumenti sono un passo sulla via verso il mondo estetico assoluto dell’anima. La creazione in arte è espressione della personalità, che ha le sue radici nel nulla. Ha per effetto un approfondimento della dimensione personale dell’anima. L’arte senza arte è l’arte dell’anima in pace, tranquilla, come la luce della luna che si specchia sul fondo del lago. Il fine ultimo dell’artista è l’apprendimento dell’arte di vivere attraverso l’attività quotidiana. L’artista si propone di diventare un perfetto maestro di vita. Dovrebbero essere “maestri di vita” i cultori di tutte le branche dell’arte, perché è l’anima che crea ogni cosa. Per diventare maestro l’allievo deve sbarazzarsi di tutte le nozioni vaghe. L’arte è la via che porta all’assoluto e all’essenza della vita umana. Scopo dell’arte non è la promozione unilaterale dello spirito, dell’anima e dei sensi, ma l’apertura al ritmo vitale del mondo della natura di tutte le facoltà umane: del pensiero, dei sentimenti e della volontà. Così potrà essere udita la voce senza voce, e l’io entrerà in armonia con essa. Quindi abilità artistica non significa perfezione artistica. Essa è un mezzo o il riflesso di una fase dell’evoluzione artistica. La cui perfezione non è reperibile nella forma ma deve irradiarsi dall’anima. L’attività artistica non si esaurisce nell’arte in sé. Essa penetra in un mondo più profondo, nel quale confluiscono tutte le forme d’arte (di cose interiormente sperimentate) e nel quale si realizza l’armonia dell’anima e del cosmo nel nulla. Tale armonia diventa realtà. Perciò il processo artistico si identifica con la realtà, e la realtà è verità. Percorso da compiere per raggiungere la verità:
IL JEET KUNE DO Per ragioni di sicurezza la vita, che non ha limiti, viene trasformata in qualcosa di morto, in un modello che ha dei limiti. Per capire il Jeet Kune Do, getta alle ortiche tutti gli schemi, tutti gli stili e lo stesso concetto di ciò che è o non è ideale nel Jeet Kune Do. Sai definire una situazione senza darle un nome? Definire, dare un nome, fa paura. Vedere una situazione semplicemente come essa è, è difficile. Le nostre menti infatti sono molto complesse – e mentre è facile insegnare una tecnica, insegnare un atteggiamento interiore è difficile. Il Jeet Kune Do favorisce l’informalità per poter adottare tutte le forme, e non avendo un suo stile specifico può adottare tutti gli stili. Il Jeet Kune Do si serve di tutti i metodi e non è condizionato da nessuno di essi, si serve di tutte le tecniche (o mezzi) che sono utili al suo scopo. Affronta il Jeet Kune Do con l’idea di dominare la volontà. Non pensare di vincere (o perdere), dimentica l’orgoglio e la sofferenza. Se il tuo avversario ti scalfisce la pelle, maciullagli la carne e fratturagli le ossa; se ti spezza le ossa, togligli la vita. Non pensare a salvarti poni la tua vita ai suoi piedi. Pensare all’esito del combattimento è un grosso sbaglio; non pensare a come finirà, se con la vittoria o la sconfitta. Lascia che la natura segua il suo corso e i tuoi strumenti colpiranno al momento giusto. Il Jeet Kune Do ci insegna a non guardare indietro. Una volta stabilita la rotta, non voltarti più. Per esso vita e morte sono la stessa cosa. Il Jeet Kune Do rifugge dal superficiale, penetra nel complesso, va al cuore del problema e ne individua i fattori chiave. Il Jeet Kune Do non gira intorno alle cose, non prende strade secondarie, va diritto allo scopo. La distanza più breve fra due punti è la semplicità. L’arte del Jeet Kune Do consiste nel semplificare. E’ essere se stessi, è la realtà nella sua essenza; ed essenza significa libertà nel vero senso del termine; non lasciarti condizionare da vincoli, limitazioni, parzializzazioni, complessità. Il Jeet Kune Do è illuminazione. E’ uno stile di vita, significa possedere forza di volontà e controllo della volontà, però deve essere illuminato dall’intuito. Mentre durante l’allenamento l’allievo deve essere attivo e più dinamico possibile, durante l’incontro esso dev’essere colmo e imperturbabile, deve sentirsi come se non si stesse svolgendo un evento drammatico. Deve comportarsi in modo normale, la sua espressione non deve cambiare, nulla deve rivelare che è impegnato in una lotta mortale. Gli strumenti, sue armi naturali, hanno il duplice scopo:
Pugni calci sono mezzi per uccidere l’ego. Rappresentano la forza dell’immediatezza intuitiva e istintiva, la quale – a differenza dell’intelletto e dell’io complesso – è monolitica e quindi perfetta. I pugni e i calci seguono la via diretta. Quando l’atleta ha il cuore puro e la mente libera i suoi strumenti partecipano in queste qualità e svolgono la loro funzione con la massima libertà. Gli strumenti sono i simboli dello spirito invisibile che governa la mente, il tronco e gli arti. Vuota la tua coppa affinché possa essere riempita, per partecipare della totalità fa il vuoto dentro di te. La sostanziale assenza di una tecnica stereotipata rende liberi e totali. Sono ammessi tutti i movimenti e tutte le traiettorie (linee). La non – interruzione come base è tipica delle funzioni umane. Fa parte della natura originaria dell’uomo. Quando funziona normalmente, il pensiero non si arresta; pensieri passati, presenti e futuri fluiscono interrottamente. Assenza di pensiero, come dottrina, significa non lasciarsi coinvolgere nel processo ideativo, non lasciarsi influenzare dai fatti esterni, pensare e non pensare. La sostanza del pensiero è la vera essenza, e il pensiero è la funzione della vera essenza. Pensare all’essenza, definirla col pensiero significa contaminarla, alterarla. Metti a fuoco la mente e mantienila vigile perché possa intuire immediatamente la verità, che è in ogni dove. Libera la mente da abitudini, processi ideativi restrittivi e dallo stesso pensiero ordinario. Gratta via tutta la sporcizia che il tuo essere ha accumulato e metti a nudo la realtà nella sua essenza o nella sua vera identità, il che corrisponde al concetto buddista di vuoto. L’arte del Jeet Kune Do consiste nel semplificare. UN CERCHIO CHE NON HA CIRCONFERENZA
In ultima analisi il Jeet Kune Do è più questione di spritualità e fisico personali altamente sviluppati che di pura e semplice tecnica. Esso non si propone di sviluppare ciò che è già stato sviluppato, ma di recuperare ciò che è stato trascurato. Queste cose sono con noi e in noi da sempre, non sono mai andate perdute, né si sono alterate, salvo a causa del modo maldestro con cui le abbiamo trattate. Il Jeet Kune Do ha a che fare con l’intelligenza e l’addestramento, non con la tecnologia. Gli strumenti sono al centro di un cerchio che non ha circonferenza, un centro non differenziato che si muove e non si muove, che è teso e rilassato, che vede tutto ciò che avviene e non si preoccupa per ciò che avviene, che non si pone obiettivi, non prevede, non si aspetta nulla – in breve, innocente come un infante e tuttavia ricco di tutta la sapienza, di tutta l’astuzia e di tutta l’intelligenza di una mente matura. Gettati alle spalle la sapienza e rientra fra gli uomini comuni. Quando avrai compreso l’altra parte, torna a vivere da questa parte. Quando avrai coltivato la non- cultura i tuoi pensieri rimarranno staccati dalle cose trascendentali e tuttavia tu rimarrai fra esse, ma con la mente sgombra. Vengono eliminati l’uomo e il suo ambiente, poi non vengono eliminati né l’uomo né il suo ambiente. Và avanti! Fluttuare liberamente, non avere una tecnica significa possedere tutte le tecniche. Non riuscirai mai a dominare le tecniche se non rimoverai tutti gli ostacoli psichici e non terrai la mente sgombra, priva persino delle nozioni tecniche apprese. L’arte del Jeet Kune Do raggiunge la perfezione quando viene dimenticato tutto ciò che è stato appreso, quando la mente è completamente sgombra e quando l’io si è dissolto. Più diventi consapevole, più cancelli, giorno dopo giorno, tutto ciò che hai imparato, sicché la tua mente è sempre fresca e non contaminata da condizionamenti. L’apprendimento delle tecniche corrisponde all’apprendimento delle filosofie nello Zen; e sia nello Zen che nel Jeet Kune Do la competenza, la conoscenza astratta, non è tutta la base della disciplina. Sia lo Zen che il Jeet Kune Do vogliono che si raggiunga la verità ultima, che è il vuoto o l’assoluto. Quest’ultimo trascende tutte le specie di relatività. Il Jeet Kune Do vuole che si dimentichino tutte le tecniche; la situazione dev’essere governata unicamente dall’inconscio. La tecnica compirà i suoi prodigi del tutto automaticamente, spontaneamente. Fluttuare liberamente, non avere una tecnica significa possedere tutte le tecniche. Per poter fluttuare a tuo agio, nel vuoto, senza incontrare ostacoli, dimentica le tecniche che hai appreso. L’apprendimento è importante, ma non diventarne schiavo. E, soprattutto, elimina tutto ciò che è esteriore e superfluo. La cosa prima è la mente. Qualunque tecnica, per buona e ambita che sia, diventa una “malattia” quando la mente ne viene ossessionata. Le sei malattie:
Il desiderio è un sentimento. Anche il desiderio di non desiderare è un sentimento. Non avere sentimenti significa quindi essere privi contemporaneamente di entrambi i tipi di sentimenti, di quelli negativi e di quelli positivi. Significa essere contemporaneamente “si” e “no”; cosa che sul piano logico è assurda, ma per lo Zen no. Nirvana significa essere consciamente inconsci o inconsciamente consci. Il processo è tanto diretto ed immediato che l’intellettualizzazione non trova spazio per inserirsi e analizzarlo. L’istanza che governa la nostra esistenza è senza dubbio lo spirito. Questo invisibile regola ogni movimento di ogni situazione esterna, ci consente di essere estremamente mobili e di non fermarci mai, in nessun luogo e in nessun momento. Appena assumi la posizione di combattimento mettiti in questo stato di liberà spirituale, di assenza di sentimenti, e mantienilo. E’ l’Ego che resiste rigidamente agli influssi esterni, ed è questa “rigidezza dell’Ego” che ci impedisce di accettare tutto ciò che ci sta dinanzi. L’arte vive dove esiste libertà assoluta, perché dove non c’è libertà non può esistere creatività. Non cercare di raggiungere il candore artificiale di una mente acuta che vuol essere semplice; devi possedere quello stato di vera semplicità nel quale non esiste né rifiuto né accettazione e nel quale la mente vede le cose esattamente come sono. I fini separati dai mezzi sono illusori. Il divenire è la negazione dell’essere. E’ l’azione che ci mette in rapporto con tutte le cose. A causa di un errore perpetuatosi nei secoli, la verità, essendo diventata una legge o un credo, pone ostacoli sulla via della conoscenza. Il metodo, che è sostanzialmente ignoranza, chiude la verità in un circolo vizioso. Dobbiamo spezzare questo circolo non cercando la verità, ma scoprendo la causa dell’ignoranza. La memoria e l’anticipazione (capacità di tempestiva individuazione) sono facoltà superiori della coscienza che distinguono la mente umana da quella degli animali inferiori. Ma quando le azioni sono in diretto rapporto col problema della vita e della morte, affinché il pensiero possa fluire liberamente e affinché l’azione possa essere fulminea, bisogna rinunciare ad esse. L’azione non è legata alla qualità, negativa o positiva. Il torto e la ragione, il vero e il falso esistono solo quando l’azione è parziale. Arresta il pensiero senza arrestarlo, rispetta le tecniche senza rispettarle; agisci con indifferenza. Usa l’arte come mezzo per avanzare nello studio della Via. Prajna irremovibile non equivale a irremovibilità o insensibilità. Sta a significare che la mente è dotata di un moto infinito e istantaneo che non conosce ostacoli. Fa che i tuoi strumenti vedano. Tutti i movimenti provengono dal vuoto , e “mente” è il nome che si dà a questo aspetto dinamico del vuoto. Esso è diretto, senza motivazioni egocentristiche. Il vuoto è sincerità, genuinità e immediatezza, sicché nulla può inserirsi fra l’io e i suoi movimenti. Il Jeet Kune Do esiste dove tu non vedi me e io non vedo te, dove yin e yang non si sono ancora differenziati. Il Jeet kune Do aborrisce la parzializzazione o la localizzazione. E’ la totalità che può fronteggiare tutte le situazioni. Quando la mente è “fluida”, è insieme mobile e immobile, come la luna nel fiume. L’acqua si muove incessantemente ma la luna conserva la sua serenità. La mente si muove rispondendo a diecimila situazioni ma rimane sempre la stessa. La quiete nella quiete non è la vera quiete; solo quando si ha quiete nel movimento il ritmo universale manifesta se stesso. Cambiare nel cambiamento equivale a rimanere immutati. Il nulla non può essere delimitato; l’oggetto molle non può essere afferrato. Assumi la purezza originaria. Se vuoi svolgere le tue attività in modo ottimale, rimuovi tutti gli ostacoli psichici. Potessimo colpire con gli occhi! Quanto va perduto nel lungo percorso attraverso il braccio, dall’occhio al pugno!. Se vuoi reagire con immediatezza, conformemente a quel che vedi, rendi più acuta la tua vista. Noi vediamo con la mente. Poiché assorbe tutta la tua attenzione la coscienza dell’ego ostacola la libera esecuzione di qualsiasi tecnica, acquisita o in via di acquisizione. Rimuovi questa ingombrante coscienza dell’ego e rivolgi tutta la tua attenzione a ciò che devi fare, ma con equanimità come se non facessi niente di particolare. “Non – pensarci” significa avere l’animo nello stato in cui è comunemente. Per funzionare a dovere la mente dev’essere molto libera. Una mente cui vengono imposti dei limiti non ha libertà di pensiero. Una mente concentrata non è una mente attenta, mentre una mente attenta può concentrarsi. L’attenzione non esclude nulla; include ogni cosa. Devi essere disteso ma pronto, devi non pensare però senza sognare (senza distrarti). Non essere rigidi ma elastici (flessibili) significa essere totalmente e pienamente vivi e attenti, pronti ad affrontare qualunque situazione. Il cultore di Jeet Kune Do dev’essere pronto a fronteggiare qualsiasi brusco capovolgimento della situazione. Se la sua mente si ferma, si ancora ad una situazione, perde la sua mobilità. Per non perdere la libertà d’azione il cultore di Jeet Kune Do deve avere una mente sempre sgombra. La fase di stallo è quella fase nella quale la mente è esitante, si arresta. Si ancora ad un oggetto e si ferma. Perde la sua fluidità la mente appesantita dall’intelletto, che non riesce a muoversi di continuo e senza riflettere su se stessa. La ruota gira quando non è troppo aderente all’asse. Quando la mente è in qualche modo costretta, è inibita e non fa nulla con spontaneità. Lavorerà male o non porterà a termine il suo lavoro. Quando la mente è vincolata a un centro, naturalmente non è libera. Può muoversi solo entro i confini di quel centro. Chi è delimitato, enucleato, isolato, è morto. E’ prigioniero del proprio pensiero. Il Jeet Kune Do è un’arte non fondata su tecniche e principi. E’ esattamente come è colui che la esercita. Se sei pienamente vigile non c’è spazio per il concetto “l’avversario e io”; esiste il rilassamento assoluto. Quando non vengono ostacolati, i movimenti del cultore di Jeet Kune Do sono rapidi come guizzi di luce, si producono con la velocità delle immagini che si riflettono nello specchio. Quando non – sostanzialità e sostanzialità non sono rigidamente fissate e definite, l’uomo è padrone della forma senza forma. Quando è legato a una forma, quando la sua mente non è completamente libera, esso è sulla strada sbagliata. La sua strada giusta è quella nella quale la tecnica trae origine da se stessa, nasce spontaneamente. E’
SOLTANTO UN NOME
In quasi tutti noi si cela il prepotente bisogno di considerarci strumenti nelle mani di altri; così ci liberiamo della responsabilità di atti imputabili ai nostri impulsi discutibili e alle nostre tendenze. Si aggrappano a quest’alibi sia i forti che i deboli. I secondi nascondono le loro malefatte sotto la virtù dell’obbedienza. Ma anche i primi esigono un’assoluzione, e lo fanno proclamandosi strumenti di un’entità superiore: Dio, la storia, il fato, la nazione o l’umanità. Allo stesso modo, noi crediamo più nelle cose che imitiamo che in quelle che creiamo noi stessi. Le cose che hanno radici in noi non ci ispirano la stessa fiducia, non ci danno la stessa assoluta sicurezza. L’insicurezza deriva dalla solitudine, e quando imitiamo non siamo soli. E’ così per la maggior parte di noi; noi siamo ciò che gli altri dicono che siamo. Ci conosciamo “per sentito dire”. Per poter cambiare, per diventare diversi, dobbiamo prima sapere cosa siamo. Se non ci conosciamo non possiamo verificare se il cambiamento sarà vero o falso. Una cosa comunque è certa: hanno minore coscienza di sé quelli che non sono soddisfatti di se stessi, quelli che vogliono acquisire un’altra identità. Avendo rinnegato il proprio ego non – desiderato, non hanno mai potuto esaminarlo. Ne deriva che le persone insoddisfatte non riescono né a simulare né a raggiungere un vero cambiamento. Sono trasparenti, e le loro rinnegate (non desiderate) caratteristiche rimangono, nonostante tutti i tentativi di auto trasformazione. Ci rende trasparenti la scarsa coscienza di noi stessi. L’anima che conosce se stessa è opaca. La paura nasce dall’insicurezza. Quando siamo assolutamente sicuri di qualcosa, di valere, per esempio, o anche di non valere, non abbiamo paura. Quindi anche la sicurezza di non valere può essere fonte di coraggio. Quando siamo assolutamente disperati o assolutamente potenti ci sembra possibile tutto. Entrambi gli stati d’animo ci rendono fiduciosi. L’orgoglio è una sensazione di valore che deriva da qualcosa che non è organicamente parte di noi, mentre il rispetto di noi stessi deriva dalle potenzialità e dalle conquiste dell’io. Noi siamo orgogliosi quando ci identifichiamo in un io immaginario, un capo, una giusta causa, una comunità o una proprietà comune. Nell’orgoglio c’è timore ma anche intolleranza; l’orgoglioso è vulnerabile e intransigente. Minori sono le potenzialità e le possibilità dell’io, più imperativo è il bisogno di orgoglio. Il nucleo dell’orgoglio è il rifiuto di se stessi. Però l’orgoglio può anche scatenare energie e fungere da mezzo per il conseguimento della vittoria. L’orgoglio può anche portare alla riconciliazione col proprio io e alla conquista del rispetto di se stessi. Il riserbo può essere fonte di orgoglio. Paradossalmente il riserbo ha la stessa funzione dell’improntitudine dà origine a un io immaginario, il riserbo ci fa credere di essere principi sotto umili spoglie. Dei due, il più difficile e il più efficace è il riserbo. L’improntitudine in realtà dà luogo a disprezzo di se stessi. Tuttavia, come dice Spinosa, “per l’uomo niente è più difficile che tenere a freno la lingua. Gli è più facile tenere a freno i desideri che le parole”. Però l’umiltà non è la rinuncia all’orgoglio, ma la sostituzione dell’orgoglio con l’autocoscienza e l’obiettività. La forzata umiltà è falso orgoglio. Quando l’individuo è lasciato a se stesso, quando ha “la libertà della sua impotenza”, quando deve giustificare la sua esistenza con i propri sforzi, si mette in moto un processo fatale. Nello sforzo di realizzarsi e di dimostrare il proprio valore l’individuo autonomo ha creato tutto ciò che di grande esiste nella letteratura, nell’arte, nella musica, nella scienza e nella tecnologia. Ma quando non riesce a realizzarsi né a giustificare la sua esistenza con i propri sforzi, esso diventa il terreno di cultura di tutte le frustrazioni e il seme dei rivolgimenti che scuotono il nostro mondo dalle fondamenta. L’individuo autonomo è stabile solo finché ha rispetto di se stesso. La conservazione del rispetto di se stesso è un compito che non ha mai fine, che impegna tutte le sue forze e tutte le sue risorse interiori. Deve dimostrare di valere e deve giustificare la sua esistenza ogni giorno. Quando, per qualche ragione, non riesce a rispettare se stesso, l’individuo autonomo diventa un’entità altamente esplosiva. Si allontana dal proprio io non promettente e si accanisce nella ricerca dell’orgoglio, l’esplosivo surrogato del rispetto di se stessi. Tutti i rivolgimenti e sconvolgimenti sociali hanno le loro radici in crisi di auto sfiducia dell’individuo , e il grande sforzo nel quale le masse si uniscono più prontamente è in sostanza una ricerca di orgoglio. Quindi noi acquistiamo la certezza di valere o sviluppando i nostri “talenti”, le nostre doti naturali (cioè realizzandoci), o agendo o identificandoci in qualcosa che è fuori di noi – una causa, un capo, un gruppo, una proprietà ecc. La via più difficile è quella dell’auto realizzazione. La imbocchiamo solo quando le altre strade che portano alla conquista della certezza di valere sono sbarrate. Gli uomini di talento vanno incoraggiati e spronati a intraprendere un’attività creativa. I loro lamenti e le loro recriminazioni si levano alte attraverso i secoli. La strada maestra è l’azione. La via che porta alla conquista della fiducia in se stessi e della stima di se stessi è l’azione. Questa strada è percorribile dalla maggior parte degli uomini, e i risultati di questa scelta sono tangibili. Quando è aperta, in essa confluiscono tutte le energie. Coltivare lo spirito è difficile e può essere deludente, e i risultati raramente sono genuini; mentre le opportunità di agire sono molte. La propensione per l’azione è sintomo di carente equilibrio interiore. Essere equilibrati significa essere inattivi. L’azione occupa il gradino più basso – agire equivale a muovere le braccia per riacquistare l’equilibrio e rimanere a galla. E se è vero – come scrisse Napoleone a Carnet – che “l’arte di governare consiste nel tenere gli uomini in attività, nel non lasciare che gli uomini rimangano inoperosi”, essa è l’arte di favorire gli squilibri. La sostanziale differenza tra un regime totalitario e un ordine sociale libero sta forse nei metodi usati per promuovere gli squilibri, che tengono i popoli in attività. E’ stato detto che il talento si crea le occasioni da sé. Talvolta tuttavia il desiderio, il desiderio intenso sembra creare non solo le occasioni ma il talento stesso. I tempi di mutamenti drastici sono tempi di passioni. Essere preparati ad affrontare cose completamente nuove è impossibile. Prima dobbiamo adeguarci, e ogni adeguamento radicale è un momento di crisi nel quale viene a mancare la fiducia in se stessi: dobbiamo affrontare una prova; dobbiamo cimentarci. Quindi un popolo soggetto a un mutamento drastico è un popolo di spostati, di disadattati, e i disadattati respirano e vivono in un clima passionale. Desiderare ardentemente una cosa non significa sempre desiderare proprio quella cosa o avere una particolare inclinazione per essa. Spesso la cosa cui aneliamo con tutte le nostre forze sostituisce un’altra cosa che vogliamo veramente e non possiamo avere. Talvolta l’esaurimento di un desiderio a lungo accarezzato non appaga l’ansia che ci tormenta. In ogni ardente desiderio conta più il desiderio della cosa desiderata. La nostra sensazione di potenza è maggiore quando riusciamo a piegare la volontà di una persona che quando conquistiamo il suo cuore, perché il suo cuore un giorno possiamo possederlo e il giorno dopo perderlo, mentre quando pieghiamo uno spirito fiero ne diventiamo effettivamente i padroni assoluti. Più che il senso di giustizia è la pietà che ci impedisce di essere ingiusti coi nostri simili. La tolleranza naturale, istintiva, probabilmente non esiste. La tolleranza richiede uno sforzo mentale e autocontrollo. Anche le buone azioni raramente vengono fatte d’impulso, “senza pensare”. Sembra quindi che una certa artificialità, una certa dose di affettazione e di finzione sia inseparabile da ogni atto o atteggiamento che comporti una limitazione dei nostri appetiti e del nostro egoismo. Dobbiamo diffidare delle persone che non ritengono necessario far credere di essere buone e a modo. La mancanza di ipocrisia in queste cose rivela mancanza di pietà, di tolleranza. Spesso l’affettazione è una tappa indispensabile sulla via della genuinità. E’ un modello nel quale affluiscono e si consolidano inclinazioni genuine. Il controllo nel nostro essere non è dissimile dalla combinazione di una cassaforte. Non basta un giro per aprirla. Ogni movimento in avanti e indietro è un passo verso la conquista di se stessi. Il Jeet Kune Do non si propone di danneggiare, di far del male; è uno dei modi mediante i quali la vita ci rivela i suoi segreti. Noi riusciamo a capire gli altri solo quando riusciamo a capire noi stessi. E il Jeet Kune Do è un passo verso la conquista dell’auto conoscenza. La base del Jeet Kune Do è l’auto conoscenza, che è indispensabile non solo per apprendere un’arte marziale, ma anche per vivere da esseri umani. Quando senti dire che il Jeet Kune Do è diverso da “questo” o da “quello”, non ti formalizzare: è solo un nome.
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